mercoledì 20 gennaio 2021

Formarsi in attività

Formarsi in attività

Alcuni spunti di riflessione per capire dove andiamo a parare quando decidiamo di dedicare del tempo per la formazione


Ha attirato la mia attenzione questa copertina di Jau!! del 15 marzo 1951: una campana che suona a festa dove le note non sono solo una, ma tante.

È una immagine che può essere un simbolo: quello della ripresa a pieno ritmo delle attività in presenza e dunque anche la formazione Capi, compresa quella metodologica. Tutti stiamo aspettando il momento del ritorno alla normalità anche se dovremo fare i conti con una normalità diversa da schemi prestabiliti

Ma la campana in sé ci richiama anche il peso di un tempo che ci tiene "compressati" davanti ad un video, dentro casa nostra: e tante energie che abbiamo visto in giro sono in attesa di essere liberate. per quel che ci riguarda quella che chiamiamo passione educativa. Senza di essa sarebbe come pretendere che un'ottima semente fiorisse e portasse frutto senza la terra, l'acqua, il calore del sole.

Le attività di formazione capi sono sempre delicate: la qualità della conoscenza del metodo è determinante per le attività che si vanno a proporre ai bambini. Per questo deve essere entusiasmante, "prendere" corpo e cuore, mente e mani, non deve essere scontata nei linguaggi con cui si comunicano i contenuti fondamentali.

Parimenti la qualità e la consistenza del Capo che la propone non può essere mediocre, senza una visione di insieme, senza prospettiva, senza una sintesi delle propria vita intorno ai valori della promessa e della legge, del proprio impegno a servire, ed ancora senza una riflessione personale che nasce dal confronto con la realtà, dallo studio e dall'approfondimento di temi educativi, da percorsi auto formativi, dalla cura di una personale vita di fede e di confronto stabile con il Vangelo o una varietà di relazioni maturanti.

La formazione metodologica degli Aiuti e dei Capi in servizio educativo non può essere sufficiente se non stimola in essi quella "sete di sapere" che, Gioco-Tecnica-Giungla e Famiglia Felice, fanno crescere nei Lupetti. Una sete di sapere a tutto campo, dove e conoscenze si affrontano con serietà, e dove le conoscenze aprono alla vita, quella eterna compresa....

La conoscenza degli aspetti tecnici del metodo non basta da sola a fare un Vecchio Lupo se essa non si mette in relazione con la fase concreta della vita del Rover o del Capo. Essa è sempre un incontro, un dialogo tra Capi più esperti e giovani che stanno crescendo anche nelle loro convinzioni e stanno maturando scelte di vita, mentre vivono il "loro" presente con le difficoltà dell'oggi.

La formazione metodologica infatti non è astratta: si compie e si propone a giovani o adulti in un tempo ben preciso della loro vita. Essa non è pertanto sufficiente se non tocca le loro persone e non si incastona significativamente nella loro vita. Essa non è efficace se i destinatari - nel momento in cui andranno a rivedere i loro appunti cercando di ricomporre in modo personale gli elementi appresi - non rivedono il Treppiede come fosse la struttura concreta della propria vita e proprio, o solo per questo, esso è sintesi di un metodo educativo e può parlare alla vita di altri in modo comprensibile.

La Giungla cos'è per un giovane o un adulto se non quel mondo di simboli di cui ci nutriamo per dare senso al dolore, alla lotta, al sacrificio, alle ingiustizie da combattere, dal male da estirpare? La Tecnica cos'altro è se non una serie di abilità complessive ed articolate tra loro che ci aiutano a crescere nella libertà e a metterci a servizio del prossimo? Il Gioco cos'è se non una metafora della vita, con le sue relazioni, il senso di responsabilità che essa richiede, la capacità di rispondere alla propria vocazione sapendo giocare dal proprio posto, guardandosi intorno e rispettando regole comuni per averle fatte proprie? La Famiglia Felice cos'è se non l'immagine concreta di un mondo trasfigurato da un Amore più grande e dalla gioia di averlo condiviso con altri?

Da qui l’importanza di saper fare bene tutte le cose richieste dalla vita di Branco, dal conseguire i Brevetti di Aiuto e di Capo come risposta a quanto i Lupetti ci chiedono e all'altezza della domanda di vita con la quale essi si presentano in attività. Dunque è necessario saper raccontare magistralmente, di saper lanciare il gioco senza distruggerne gli obiettivi educativi, saper cantare con gioia e presentare un canto o un nodo, saper programmare le attività per aver compreso i principi educativi fondamentali, diventare progressivamente consapevoli delle possibilità che il metodo offre utilizzandone i testi fondamentali.

Sappiamo però che tutto questo non ci basta se non si prende in mano il Vangelo per misurarci con la vita di Gesù: «Abbiamo a disposizione un tesoro di vita e di amore che non può ingannare, il messaggio che non può manipolare né illudere. È una risposta che scende nel più profondo dell’essere umano e che può sostenerlo ed elevarlo» [Evangelii Gaudium 265]. Senza questo confronto, senza un dialogo tra Vangelo ed elementi del metodo, la giungla sarebbe da sola un ambiente cinico e affatto accogliente, la tecnica sarebbe finalizzata a se stessa ed in vista di un’autonomia soggettiva piuttosto autoreferenziale; il gioco semplicemente come un riempitivo per mezzo del quale trasmettere conoscenze e suscitare abilità, la famiglia felice come un insieme di scherzi canti e danze che fano star bene quanto una via di fuga temporanea dalla propria realtà.

Si partirebbe pertanto con il piede sbagliato se si intende la formazione metodologica come un’occasione, seppur strutturata, nella quale si offrono e si mostrano strumenti da estrarre dalla propria cassetta come semplici attrezzi, se anche non si trasmette con chiarezza che quegli strumenti andranno a pungolare un'umanità in crescita, un mondo interiore che si sta sviluppando, un corpo di cui si sta prendendo misura conoscendone limiti e forza.... Ovvero se non si ha chiaro fin dal primo momento che tutto ciò che va sotto il nome di formazione capi, significa anzitutto iniziare un percorso di presa di coscienza di se stessi, della ricchezza della propria personalità che si va inserendo in una comunità di bambini con ruolo e responsabilità ben precise da condividere, in atteggiamento di ascolto reciproco, nel Consiglio di Branco. Lì esercitando una pratica antica nella vita della Chiesa, si opera quel discernimento comunitario che permette di camminare insieme in vista di obiettivi successivi, compiendo i passi più opportuni.

Da qualsiasi parte si inizi, da qualsiasi argomento si proponga, è bene avere chiaro che la formazione capi si accompagna ad una maturazione interiore sostenuta dalla vita di Clan, dal Consiglio di Branco, dalla vita nel Gruppo e del Distretto, dal respirare a pieni polmoni insieme alla Chiesa, dal sentirsi inseriti in una vita sociale alla quale il metodo educa.

Soprattutto, per dirla sempre con Papa Francesco, essa avvia processi  nel tempo, nella vita di giovani impegnati nei Branchi, futuri adulti che si stanno mettendo alla prova in vista di una società migliore di quella trovata, sempre perfetta agli occhi di chi li ha preceduti, ma decisamente impoverita dopo l’esperienza della pandemia.

Con questo spirito ho composto un sussidio per chi vuole utilizzarlo a partire dalla indicazioni delle Norme direttive di Branca Lupetti sulla formazione metodologica degli Aiuti Capi branco, e di riflesso, sul cammino di formazione permanente di Vecchi lui color del tasso ed Assistenti che vogliano capirne qualcosa di più.

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Buona caccia

don Angelo Balcon