Infanzia rubata?
Bandar di oggi
Per introdurre
l’articolo: «Infanzia rubata? Bandar di oggi», a firma di Giuliano Furlanetto, abbiamo colto alcuni spunti - che in verità non possono che essere accolti come un impegno per rinnovare la nostra passione educativa - da un testo di Papa Francesco che sintetizziamo per punti come di seguito.
Nell'articolo abbiamo messo in luce alcuni aspetti che erano già emersi nel tempo di approfondimento e studio dei testi che sono poi stati pubblicati nelle Norme direttive di Branca Lupetti nell'edizione 2018.
- la necessità di una logica di alleanza educativa è sentita ormai da anni ed è stata concretizzata in quelle prove della Pista i cui contenuti sono appresi in altri contesti quali la scuola, il catechismo, altre attività del tempo libero quali lo sport. Del resto il Lupettismo fin dai suoi inizi, aveva indicato ai Capi Branco la necessità di conoscere i vari ambiti di vita del bambino per sapere cosa da essi potesse apprendere per essere valorizzato nella vita di Branco.
- la necessità di un impegno educativo a lunga durata e quindi il favorire la permanenza nella conduzione delle attività che vada ben oltre i tre anni. Per questo è stato inserito il paragrafo sulla formazione metodologica degli Aiuti per favorire la consuetudine per la quale ogni Akela è anche formatore dei suoi Aiuti e li aiuta a completare in Branco quanto iniziato nei Campi scuola.
- la capacità di leggere nel Metodo e di saper utilizzare quegli elementi che sempre sono capaci di anticipare modalità educative che gli permettono di essere al passo con i tempi e i bisogni delle generazioni a venire.
Il 12
settembre Papa Francesco ha inviato un Messaggio per il lancio di patto educativo globale per promuovere insieme ed attivare quelle dinamiche che danno
un senso alla storia e la trasformano in senso positivo.
Se questo
è l’obiettivo generale, il Papa ne indica anche di particolari:
«Mai come
ora, c’è bisogno di unire gli sforzi in un’ampia alleanza educativa per formare
persone mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni e
ricostruire il tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna».
Offre una lettura sintetica di una problematica urgente:
«Il mondo
contemporaneo è in continua trasformazione ed è attraversato da molteplici
crisi. Viviamo un cambiamento epocale: una metamorfosi non solo culturale ma
anche antropologica che genera nuovi linguaggi e scarta, senza discernimento, i
paradigmi consegnatici dalla storia. L’educazione si scontra con la cosiddetta rapidación,che imprigiona
l’esistenza nel vortice della velocità tecnologica e digitale, cambiando
continuamente i punti di riferimento. In questo contesto, l’identità stessa
perde consistenza e la struttura psicologica si disintegra di fronte a un
mutamento incessante che «contrasta con la naturale lentezza dell’evoluzione
biologica» (Enc. Laudato si’, 18)»
Il Papa poi indica tra passi da compiere
Primo:
«In primo luogo,
avere il coraggio di mettere al centro la persona. Per questo
occorre siglare un patto per dare un’anima ai processi educativi formali ed
informali, i quali non possono ignorare che tutto nel mondo è intimamente
connesso ed è necessario trovare - secondo una sana antropologia - altri modi
di intendere l’economia, la politica, la crescita e il progresso. In un
percorso di ecologia integrale, viene messo al centro il valore proprio di ogni
creatura, in relazione con le persone e con la realtà che la circonda, e si
propone uno stile di vita che respinga la cultura dello scarto».
Secondo:
Un altro passo è il coraggio di investire le migliori
energie con creatività e responsabilità. L’azione propositiva e
fiduciosa apre l’educazione a una progettualità di lunga durata, che non si
arena nella staticità delle condizioni. In questo modo avremo persone aperte,
responsabili, disponibili a trovare il tempo per l’ascolto, il dialogo e la
riflessione, e capaci di costruire un tessuto di relazioni con le famiglie, tra
le generazioni e con le varie espressioni della società civile, così da
comporre un nuovo umanesimo.
Terzo
Un ulteriore passo è il coraggio di formare persone
disponibili a mettersi al servizio della comunità. Il servizio è un
pilastro della cultura dell’incontro: «Significa chinarsi su chi ha bisogno e
tendergli la mano, senza calcoli, senza timore, con tenerezza e comprensione,
come Gesù si è chinato a lavare i piedi agli apostoli. Servire significa
lavorare a fianco dei più bisognosi, stabilire con loro prima di tutto
relazioni umane, di vicinanza, legami di solidarietà».[1] Nel
servizio sperimentiamo che c’è più gioia nel dare che nel ricevere (cfr Atti
degli Apostoli 20,35).
Ed infine
c’è anche una richiesta.
In questa prospettiva,
tutte le istituzioni devono lasciarsi interpellare sulle finalità e i metodi
con cui svolgono la propria missione formativa.
Buona lettura con la fiducia di offrire un pensiero capace di stimolare riflessione educativa nei Capi e negli Assistenti.
don Angelo Balcon
-------